Il susamiello è uno dei dolci natalizi più amati, gustoso ed in fondo anche abbastanza leggero in tutt’e tre versioni in cui lo divise il popolo napoletano:
1) susamiello nobile, il più pregiato ed a forma di ciambella, era preparato con farina bianca di prima qualità.
2) susamiello de lo zampognaro, perché si offriva agli zampognari che durante le feste natalizie giravano per le case a recitare la novena, accompagnandosi con i loro strumenti davanti al presepe. Questo era il susamiello più povero, fatto con farina grezza;
3) susamiello o susamiello del buon cammino era quello preparato per offrirlo ai frati e ai preti che, come gli zampognari, nel periodo delle feste giravano per le case dei fedeli. Era ripieno di marmellata di amarena e tra i tre, era il più dolce e saporito …
ma comunque più leggero rispetto ad altri dolci tradizionali motivo per cui sembra più opportuno rivolgersi alla storia etimologica del termine.
Dunque quest’espressione dialettale fa sicuramente riferimento ai pesanti ed opprimenti ceppi a forma di anelli uniti, quasi a forma di S, che venivano collocati alle caviglie dei condannati ai lavori forzati per limitarne i movimenti e soprattutto le opportunità di fuga.
Giulio Cesare Cortese nella favola boschereccia “La rosa” (IV,6) scriveva: « E stace sempe co lo sosamiello / ntuorno l’uosso pezzillo »).
Spesso si utilizza anche l’espressione “è ghiuto a susamiello” per lasciar intendere qualcosa che è arrivata nel momento opportuno, “calzante” bene in uno specifico momento, proprio come “lo sosamiello” calzava bene attorno alla caviglia del condannato.
Si deve, invece, sicuramente alla loro forma, A convalidare quest’interpretazione c’è un’altra espressione dialettale :“tiene ’e coscie a susamiello”, che in genere viene rivolta ad una persona le cui gambe sono tutt’altro che dritte … diciamo pure che sono decisamente storte!