di Giuliana Gugliotti
Hanno sfilato in 10mila al grido di “vogliamo vivere”, per protestare contro l’inceneritore e chiedere la bonifica del loro territorio deturpato dai rifiuti. Non si arrendono i cittadini di Giugliano, e promettono una lotta costante, senza posa, fin quando le loro voci non saranno ascoltate.
Sono voci che parlano di morti ingiuste, di giovani uomini e donne e di bambini uccisi da mali incurabili, in un territorio in cui il tasso di mortalità per tumori tocca livelli inaccettabili, come emerso dal recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità. “Proprio ieri” afferma don Patriciello, uno dei simboli della lotta ai rifiuti, accolto tra gli applausi, “ho celebrato il funerale di Marianna, una bambina di soli 9 anni“. A portasela via è stata una leucemia fulminante. Lei, come tante altre piccole vittime di questo scempio perpetrato ai danni di un’intera comunità.
“Le istituzioni se ne fregano di noi” dichiara un cittadino, che ha sfilato ieri sera in corteo insieme alla nipotina Claudia, di pochi mesi. “Ma sono felice che finalmente Giugliano ha capito che bisogna mobilitarsi, scendere in piazza per reclamare un diritto universale, il nostro diritto alla salute. Per noi, ma soprattutto per i nostri figli e i nostri nipoti”.
E a marciare in prima fila ieri sera, nel corteo che ha attraversato corso Campano tornando poi al punto di partenza, a piazza Matteotti, c’erano proprio loro, i bambini delle scuole elementari di Giugliano. Sono loro la speranza di una terra che chiede solo di poter continuare a vivere.
Presenti al corteo anche una delegazione delle mamme di Acerra e i sindaci dei comuni limitrofi, anch’essi afflitti dall’inquinamento ambientale. Tutti uniti per chiedere la bonifica di queste terre, che hanno già pagato caro il loro tributo per lo smaltimento dei rifiuti.
“Non vi rendete conto che ci stanno ammazzando?” grida un ragazzo durante la marcia. E, quasi come a conferma delle sue parole, sulle teste dei manifestanti si levano dei volti, giganti, sorridenti: le fotografie dei bambini che ieri non hanno potuto essere lì, prematuramente uccisi da quello stesso cancro che i loro genitori, amici e conoscenti oggi, scendendo in piazza, stanno cercando di debellare.
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