Sylvain Bellenger a partire dal mese di ottobre curerà il museo di Capodimonte. “È un grande onore venire a Napoli, una città che amo tanto, in un museo che conoscono benissimo“. Bellenger è stato intervistato da Repubblica e quando gli è stato chiesto perché ha deciso di venire nel capoluogo campano, ha risposto: “Perché la mia città preferita è Napoli, e il mio museo preferito è Capodimonte. Nel 1980 ero a Napoli e al museo di Capodimonte ho deciso di fare lo storico dell’arte. A Napoli ho vissuto dal 2010 al 2012“.
L’intervista prosegue e, Bellenger, parla di cosa porterà dell’America all’interno del museo di Capodimonte e come intende lavorare. “Capodimonte ha una collezione tra le più importanti d’Italia ed è in un posto favoloso, ma il problema è portarci il pubblico, l’accesso è difficile – dichiara Bellenger e prosegue – Qui, negli Usa, ho imparato due cose. Primo: come rendere importante una collezione per un pubblico non specialistico e come metterla in comunicazione con i diversi tipi di pubblico, come i giovani ad esempio. Secondo: va suscitato un sentimento di orgoglio e un senso di responsabilità dei cittadini verso il museo. In Europa aspettiamo tutto dallo Stato, qui in America le persone agiscono e difendono e valorizzano i propri musei“.
“Sicuramente c’è tanto da fare, anche per adeguarlo agli standard dei servizi europei. Ma Capodimonte ha avuto due grandi direttori come Raffaello Causa e Nicola Spinosa, e per me, essere il successore di Causa e Spinosa è un onore. È un compito al quale mi avvicino con senso di umiltà, per loro due ho grande ammirazione: ricordo la stagione della grandi mostre come quella del Settecento e del Seicento“.
Ma da dove si dovrà partire per riportare il pubblico a Capodimonte? Bellenger sta pensando a nuove mostre? “Voglio far conoscere le collezioni napoletane al pubblico internazionale“, afferma e prosegue, “la prima cosa è creare un collegamento fisico, con navette che ogni 30 minuti salgono al museo. Penso al pubblico delle crociere, 5000 persone alla volta, che non vanno a vedere il museo. C’è bisogno poi di sviluppare una strategia di marketing, offrire una ristorazione di alto livello e un servizio ristoro di base, c’è tanto da fare. Ma credo molto nel rapporto col personale e con la città. Voglio ascoltare tutti e poi agire“.
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