Un attore solo con il suo carrozzone, abbandonato dai suoi compagni, ricostruisce le tragicomiche avventure della sua compagnia in Edipus di Giovanni Testori, uno spettacolo di e con Silvio Barbiero, in scena da giovedì 2 marzo alle ore 21 (repliche fino a domenica 5) nel Teatro Elicantropo di Napoli.
Libera riscrittura della tragedia di Sofocle, Edipus è il terzo tassello (dopo Ableto e Macbetto) della “Trilogia degli Scarrozzanti”, che Giovanni Testori scrisse fra il 1972 e il 1976 su misura della capacità attoriale di Franco Parenti. Tre omaggi ‘pulsanti’ al teatro (gli scarrozzanti sono gli attori girovaghi della scalcagnata compagnia che al modo della Commedia dell’Arte portano in scena i capolavori Shakespeariani e Sofoclei), “tre testi di caustica dissacrazione emancipatrice”.
Edipus, si sottolinea, “è un capolavoro del teatro contemporaneo, in cui Testori si serve del tema noto della tragedia ellenica come una sonda. Tutto è noto, vissuto e compreso, la trama e gli esiti. Questa condizione libera l’autore nella sua ricerca linguistica”.
Ed è proprio la lingua scoperta da Testori a rappresentare la crasi perfetta tra antico e contemporaneo che si sviluppa nei temi del testo. Il sipario sta per calare sulla civiltà, sulla ricerca della dignità, un potere vago, religioso, politico ed economico al tempo stesso opprime piacevolmente le coscienze distratte dei tebani, ma spente ormai sono le velleità e aspirazioni di giustizia di Edipus.
Lo scarrozzante racconta, nell’inevitabile e simbolica solitudine, le note vicende di Edipo, dando vita a tutti i personaggi della tragedia, alternandole al racconto delle personali fatiche e del disfacimento della propria compagnia. L’attore patavino Silvio Barbiero arricchisce il trascinante, ilare e amaro monologo di Testori (della compagnia degli Scarrozzanti rimane in quest’ultimo atto il solo e ramingo capocomico) di esilaranti stilemi cabarettistici mutuati dalla stand-up comedy.
Il non più giovane capocomico, abbandonato dalla sua compagnia, torna in scena, animato da una scialba rabbia, per una sua scabrosa versione del testo di Sofocle.
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