E’ davvero un’intera esistenza, quella che si trova a raccontare, a rievocare e a commentare Silvio Orlando nel monologo La vita davanti a sé tratto dall’omonimo romanzo del francese Romain Gary (pseudonimo di Emile Ajar), che inaugurerà giovedì 13 ottobre 2022 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 16) la stagione teatrale 2022/2023 del Teatro Nuovo di Napoli.
Presentato da Cardellino srl, l’allestimento vede la presenza in scena dell’Orchestra Terra Madre, composta da Simone Campa (chitarra battente, percussioni) che cura anche la direzione musicale, Maurizio Pala (fisarmonica), Kaw Sissoko Kora (Djembe), Marco Tardito (clarinetto, sax), con le scene di Roberto Crea, il disegno luci di Valerio Peroni, i costumi di Piera Mura.
Pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema nel 1977, al centro di un discusso Premio Goncourt, La vita davanti a sé di Romain Gary è la storia di Momò, bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani.
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Un romanzo commovente e ancora attualissimo che racconta di vite sgangherate che vanno alla rovescia, ma anche di un’improbabile storia d’amore toccata dalla grazia.
Silvio Orlando ci conduce dentro le pagine del libro con la leggerezza e l’ironia di Momò, diventando, con naturalezza, quel bambino nel suo dramma. Un autentico capolavoro “per tutti” dove la commozione e il divertimento s’inseguono senza respiro.
Inutile dire che il genio di Gary ha anticipato, senza facili ideologie e sbrigative soluzioni, il tema dei temi contemporaneo: la convivenza tra culture, religioni e stili di vita diversi.
Il mondo ci appare improvvisamente piccolo claustrofobico in deficit di ossigeno I flussi migratori s’innestano su una crisi economica che soprattutto in Europa sembra diventata strutturale creando nuove e antiche paure soprattutto nei ceti popolari, i meno garantiti.
Se questo è il quadro quale funzione può e deve avere il teatro? Non certo indicare vie e soluzioni che a oggi nessuno è in grado di fornire, ma una volta di più raccontare storie emozionanti commoventi divertenti, chiamare per nome individui che ci appaiono massa indistinta e angosciante.
Raccontare la storia di Momo’ e Madame Rosa, nel loro disperato abbraccio contro tutto e tutti, è necessario e utile. Le ultime parole del romanzo di Garay dovrebbero essere uno slogan e una bussola in questi anni dove la compassione rischia di diventare un lusso per pochi: Bisogna voler bene.
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