“Napoli, passione e morte in un gioiello sottovalutato d’Italia”. E’ questo il titolo con cui la testata inglese The Telegraph comincia un lungo articolo dedicato al capoluogo campano. “Vibrante, caotica e gloriosamente fatiscente, Napoli è un luogo dove la vita, il romanticismo e la morte sono intrecciate con la passione”. Le parole sono del giornalista Stanley Stewart, che confessa subito come si sia letteralmente innamorato della città.
E con lo stesso articolo viene anche lanciato un sondaggio in cui Napoli risulta la città italiana più amata dagli utenti, con oltre il 60 % delle preferenze. “C’è molto da vedere nel Museo Archeologico di Napoli scrive Stewart Ci sono le sculture classiche della collezione Farnese, i mosaici di Pompei e i dipinti che offrono una panoramica elegante del mondo antico. Ma la mia attenzione collezione erotica del Gabinetto segreto, su particolari come il gruppo marmoreo di Pan e la capra. Gli abitanti di Pompei erano gente abbastanza vivace…” . Il giornalista si trova “solo nel Gabinetto con fanciulle e satiri rampanti mentre a Roma, Firenze o Venezia ci sarebbero state code di turisti”. La mancanza di visitatori “è uno dei misteri e delle gioie della città” riflette Stewart, poichè evita lo stress delle folle da gestire all’interno dei siti. Napoli “non è una città moderata. Le voci sono alte, i saluti chiassosi, le pizze favolose, la guida atroce, l’architettura gloriosa, i riti religiosi strani”.
La passione partenopea viene trasmessa ovunque all’occhio di chi osserva. “Nelle scritte sui muri e nelle dichiarazioni d’amore mozzafiato”. Continua “mi sono innamorato di Napoli che, con il suo centro storico, è incredibilmente bella ma è anche cruda, fatiscente, gloriosa, vibrante e sfacciatamente corrotta e corruttrice. Ne amo la teatralità, il caos e l’architettura“. E poi “i bar trasandati dove il caffè viene servito zuccherato; le pasticcerie, le friggitorie; il dorato e i dipinti del Café Gambrinus; la stravaganza del Teatro dell’Opera“.
Quello che Stewart apprezza di più è però “la resistenza di Napoli ai cambiamenti urbanistici e socioculturali di un’area urbana tradizionalmente popolare determinati dall’acquisto di immobili da parte della borghesia. Ci sono – prosegue – quartieri eleganti e alla moda come Chiaia, ma il cuore pulsante di questa città, i vecchi quartieri del centro storico, i palazzi fatiscenti, le stradine anarchiche, non sono state stravolte da wine bar alla moda. Napoli era shabby chic prima che la frase fosse stato inventata e rimane ostinatamente fedele a sé stessa”.
Il ritratto continua passando dal Museo Nazionale al Pio Monte della Misericordia, alla Cappella di San Severo dove Stewart resta incantato da “la figura di marmo struggente del Cristo velato”.Girando solo tra i vicoli e le meraviglie nascoste in chiese e bassi, il giornalista pensa alle “folle che ogni giorno invadono Pompei”. Ma non mancano momenti di vita quotidiana: “i panni stesi, le ragazze che guardano con disprezzo i giovani che sbavano dietro, le vespe usate per traslochi, i devoti in processione per la Madonna dell’Arco sui quali cadono monete dai balconi”.
Napoli “sembra ossessionata dalla morte come dal sesso – conclude Stewart - Fu Goethe, innamorato di Napoli e della sua amante italiana, a rendere popolare la frase ‘Vedi Napoli e poi muori’, promuovendo l’idea che nulla potrà mai mettere in ombra questa città. E il golfo con il panorama che spazia dalla grande massa del Vesuvio alla penisola sorrentina, insegue l’orizzonte come un fantasma. Ma Goethe amava anche la città e il caos, la sua stravaganza. E’ tempo per i visitatori di riconquistarla.”
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