Con i test rapidi la percentuale di falsi negativi arriva al 40%

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I test antigenici risultano meno efficaci e in alcuni casi può essere consigliabile sottoporsi anche al test molecolare

Molecolare, sierologico e antigenico. Sono le tre principali alternative disponibili in materia di test per SARS-CoV-2, ognuno dei quali presenta specifici pro e contro, che devono essere tenuti in considerazione quando si sceglie quale metodo eseguire. Se il molecolare è di gran lunga il più affidabile ma richiede tempi più lunghi, il “rapido”, ossia l’antigenico, promette risultati pressoché immediati, ma genera un numero non indifferente di falsi negativi, fino al 30-40%.

Il molecolare, secondo i dati scientifici attualmente disponibili, risulta il più affidabile, perché consente di rilevare con maggiore accuratezza la presenza dell’infezione da Covid-19. La procedura consiste in un prelievo di muco tramite tampone naso-orofaringeo. In un’operazione che può risultare fastidiosa, ma non pericolosa, un bastoncino dotato di estremità di cotone si inserisce nel naso e raccoglie la mucosa nasale e orale.

Il campione prelevato viene analizzato in laboratorio, dove si ricerca l’RNA virale attraverso la tecnica Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction, meglio nota come PCR. Questa tipologia di test, che restituisce il responso in circa 24-48 ore, è piuttosto complessa e richiede una strumentazione specifica, ma consente di rilevare anche casi di positività caratterizzati da carica virale molto bassa.

Secondo l’Istituto superiore di sanità (ISS), “il tampone molecolare è preferibile in caso di caso sospetto sintomatico, contatto stretto di caso confermato, negli screening degli operatori sanitari, nei soggetti a contatto con persone fragili o per l’ingresso in comunità chiuse o ospedali“.

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Il test antigenico consente invece di ottenere risultati in meno di 30 minuti. Il campione di tessuto viene prelevato sempre tramite tampone naso-faringeo, ma, piuttosto che rilevare il genoma virale, il reagente riconosce solo la presenza delle proteine superficiali del virus, o antigeni. Per questo motivo i test antigenici risultano meno efficaci e in alcuni casi può essere consigliabile sottoporsi anche al test molecolare per confermare o escludere con maggiore accuratezza la presenza di infezione.

La rapidità del responso, tuttavia, può essere molto utile in caso di screening di massa, perché permette di individuare più velocemente potenziali focolai epidemici. Il sierologico Il test sierologico viene effettuato prelevando un campione di sangue e può essere sia rapido che quantitativo. Nel primo caso si verifica la presenza di anticorpi prodotti dall’organismo in risposta all’infezione, mentre l’esame quantitativo consente di valutare i livelli precisi di anticorpi nell’organismo.

Il test sierologico, considerato molto sensibile e significativamente affidabile, permette di rilevare le immunoglobuline IgM e IgG, che vengono prodotte dall’organismo rispettivamente in caso di infezione presente o passata.

I dati attualmente disponibili – spiega all’AGI Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm) – indicano che il tampone antigenico può rilevare la presenza di infezione con un’elevata efficienza solo in caso di carica virale media o alta. Il test antigenico risulta infatti associato a una probabilità del 30-40 per cento di riportare un risultato falso negativo. La bassa sensibilità costituisce pertanto un limite di questa metodologia diagnostica“.

Il tampone molecolare, invece – continua – esegue un passaggio di amplificazione tramite la tecnica PCR che consente di individuare anche cariche virali estremamente basse. In questa prospettiva mi sembra ragionevole la decisione di non rilasciare il green pass in caso di semplice tampone antigenico, perché l’elevata percentuale di falsi negativi potrebbe favorire l’ingresso in contesti lavorativi o comunque molto frequentati di persone potenzialmente infette e inconsapevolmente contagiose. Stando alle stime attuali, i tamponi antigenici potrebbero risultare falsi negativi in circa un caso su tre“.

Secondo le indagini scientifiche, infatti, quando la carica virale è molto bassa, come nelle prime ore di infezione o nella maggior parte dei soggetti completamente vaccinati, i test antigenici sono caratterizzati da una bassa sensibilità. Specialmente dopo due o tre giorni dal contagio, però, anche gli antigenici costituiscono un mezzo importante per identificare la presenza del virus nell’organismo.

La risposta veloce del tampone antigenico – afferma Maga – è molto utile in contesti in cui è necessario uno screening di massa, perché si tratta di una metodologia in grado di fornire un quadro immediato sulla diffusione della pandemia. I test rapidi permettono infatti di individuare i casi positivi senza i lunghi tempi di risposta e le sofisticate tecnologie necessarie al processamento dei tamponi molecolari. L’elevato numero di falsi negativi da tamponi antigenici evidenzia l’importanza di utilizzare anche altri metodi per stabilire con maggiore accuratezza la positività a Covid-19“.