Si conclude oggi a Ravello l’omaggio a Totò, a cinquant’anni dalla sua scomparsa, iniziato una settimana fa, il 12 settembre scorso. Il grande attore partenopeo soggiornò nella cittadina sulla costiera amalfitana e ne rimase affascinato. Ora il Comune vuole ricambiare il sentimento di affezione che il principe della risata dimostrò in più occasioni.
Diverse le manifestazioni in programma: alle 17.30 in Piazza Fontana Moresca si esibirà la Banda Musicale “Città di Giffoni Sei Casali” con un concerto, mentre alle 18,30 -nel Parco Belvedere dell’Hotel Caruso – dopo i saluti istituzionali, ci sarà lo scoprimento del busto in bronzo di Totò, un’opera di Pierfrancesco Mastroberti. La serata proseguirà all’Auditorium Oscar Niemeyer, dove è la volta della presentazione del libro “Totò e Ravello” di Ulisse Di Palma, Alberto De Marco (che presenta un ricco apporto documentario) e Giuseppe Gargano, per i tipi delle edizioni Gutenberg.
“Questi documenti dell’Archivio di Stato di Salerno, che ho raccolta nel volume – spiega all’Adnkronos De Marco, avvocato e giornalista- sono stati determinanti per il riconoscimento dei titoli nobiliari di Antonio de Curtis“. La controversia legale sull’acquisizione dei titoli nobiliari di Totò, infatti, supportata da esperti avvocati e araldisti, iniziò già nel 1933. “Nello stesso anno -prosegue De Marco – in cui l’attore fu adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri, cavaliere del Sacro Romano Impero. A seguito anche di un primo parere del Tribunale, il 6 maggio 1941 con Decreto Ministeriale, fu riconosciuto discendente dagli Imperatori di Bisanzio”.
“Dalle sentenze del 18 luglio 1945 e del 7 agosto 1946, della IV Sezione del Tribunale di Napoli – sostiene l’avvocato – Totò acquisì i titoli gentilizi e i nomi di: Antonio Griffo Focas Flavio Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo“.
“Successivamente furono registrati a pagina 42, volume 28 del libro d’oro della Nobiltà Italiana, tenuto presso l’Archivio Centrale di Stato della Consulta Araldica di Roma – conclude De Marco -. La lunga e costosa controversia legale sui titoli nobiliari di Antonio de Curtis, si concluse con la sentenza del Tribunale Civile di Napoli il 1 marzo del 1950, che determinò la rettifica e l’acquisizione all’Anagrafe di tutti i titoli nobiliari”.
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