La Corte di Assise di Napoli ha condannato a 23 anni di carcere i fratelli Giorgio e Domenico Scaramella, e Francesco e Antonio Cirillo, padre e figlio, per l’omicidio volontario di Maurizio Cerrato, il vigilante 61enne degli scavi di Pompei ucciso a Torre Annunziata, davanti alla figlia, con una coltellata al cuore, la sera del 19 aprile 2021, dopo una lite per un parcheggio. La Procura di Torre Annunziata, lo scorso 7 marzo, aveva chiesto l’ergastolo per i quattro imputati.
Presente, per la famiglia Cerrato, come in quasi tutte le udienze, la vedova e la figlia della vittima. Era il 19 aprile 2021 quando Maurizio Cerrato fu prima accerchiato e poi accoltellato all’interno di un’area di parcheggio di Torre Annunziata (Napoli). Maurizio, 61 anni, morirà poco dopo, tra le urla della figlia Maria Adriana e la quasi totale indifferenza di chi aveva assistito a quella aggressione (o come lo definì la stessa figlia ‘agguato’), compiuta da quattro soggetti.
Cerrato pagò con la vita la decisione della ragazza di parcheggiare la propria auto lungo la pubblica via, in un posto occupato da una sedia. Un ‘diritto di prelazione’ cui la ragazza si era ribellata: aveva spostato la sedia e fermato regolarmente la vettura. Al ritorno però aveva trovato uno degli pneumatici bucato.
Alle sue rimostranze era stato affrontata e schiaffeggiata. Per questo aveva deciso di contattare il padre, custode al parco archeologico di Pompei, che era giunto sul posto, aveva notato il clima pesante (tanto da essere costretto a venire alle mani con uno dei condannati, rompendogli gli occhiali, ma si era anche offerto di ricomprarli per riportare la calma), decidendo allora di andare in una vicina area di parcheggio privata per sistemare l’auto della figlia e tornare a casa.
A casa però Cerrato non è mai arrivato: nel parcheggio fu affrontato da più persone, picchiato, nonostante il tentativo di intervento della ragazza, trattenuto e accoltellato al petto. “La sentenza ci lascia un pizzico di delusione: ci aspettavamo l’ergastolo che peraltro era stato chiesto dalla Procura anche con argomentazioni convincenti”, il commento dell’avvocato della famiglia Cerrato, Giovanni Verdoliva.
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