Achille Pignatelli racconta la storia “speciale come tante” di suo padre
di Achille Pignatelli
Quando il suo lavoro lo permette, io e mio padre ci incontriamo a Piazza Dante; ci diamo appuntamento poco prima, quando ha la certezza di passare in quella zona. A volte ci vogliono due settimane prima di poter passare una decina di minuti insieme. Quando arrivo in piazza lui è già lì; spesso ha quasi lo stesso colore della statua di Dante, tra tuta bianca, mascherina e visiera protettiva; altre volte è un corpo arancione con il volto coperto.
Mio padre è un’autista dell’ASL Napoli 1 e volontario della Croce Rossa Italiana. Mi arriva una telefonata: “Ho un intervento in zona, vediamoci appena ho finito al solito posto, poco più avanti dell’edicola, posso fermarmi per poco tempo.” Una volta per strappargli un sorriso gli ho detto, alzando il pugno sinistro: “Ah ma qui abbiamo una Tuta Bianca, e quando sei diventato un Autonomo?!”.
Arrivo in piazza. Accendo un sigaro e gli chiedo come sta andando. Ha l’aria stanca. Mi spiega come viene sanificata l’ambulanza dove ogni intervento, delle code fuori al Pronto Soccorso, dei pranzi frugali tra un intervento e l’altro. “Vabè pà, ma se mangi di meno e dimagrisci è solo un bene, no?” Mi sorride e aggiunge: “Vire ‘e nun fa ‘o scemo!” e mi spinge la spalla. A metà sigaro mi dice che deve andare, deve smontare con l’ASL e andare a casa a cambiarsi poiché ha dato disponibilità alla Croce Rossa. Ci facciamo le solite raccomandazioni e ci diamo appuntamento a “quando il lavoro lo permette”.
Le cose vanno così da quasi un anno. Certo, a volte riusciamo a vederci di più, in altri momenti, a causa dei picchi di contagio, è costretto a turni più duri. Mio padre non è un eroe, non ha né scudo né elmo, e nemmeno un’armatura con strani congegni che gli permette di volare. Mio padre è una persona normale, come tante; ha un grande senso del dovere, e tutto quello che lo divide dal virus è del tessuto tenuto addosso con un po’ di buon senso. Quello che mi ripete spesso è che lui mette l’ammalato al primo posto, e poi viene tutto il resto. Se poi penso che tanti operatori sanitari stiano pagando ingiustamente il fio di tanti anni di tagli alla sanità pubblica… ma almeno ho io la fortuna di potermi preoccupare per lui, e lui ha la fortuna di stare in pensiero per me.
Tutto quello che possiamo fare è sostenerci a vicenda, poi ognuno combatte le sue battaglie secondo i suoi strumenti.
Tutto quello che posso fare come poeta, nel mio piccolo, è raccontare una storia come tante.
Tutto quello che posso fare come figlio, è dedicargli questi miei versi.
AD OGNI LACRIMA LA SUA CAREZZA
a mio padre
e a chi lotta in prima linea contro il covid-19
Ad ogni eroe la sua terra
martoriata.
Ma qui non ce ne sono
di elmi
scudi e lance appuntite
gli eroi riposano nei libri.
Ci sono solo persone e amore
c’è la vita
la voce ostinata
che risponde al dolore dell’altro.
Ad ogni lacrima la sua carezza.