La sua importanza primaria sta nel fatto che non esiste alcun tipo di azione o condotta senza memoria (ad esempio, nella condotta sociale, oppure nei fenomeni di rinforzo nell’apprendimento).
Si può considerare la memoria come una delle basi che rendono possibile la conoscenza umana, proprio in virtù della capacità di apprendimento, assieme ad altre funzioni mentali quali l’elaborazione, il ragionamento, l’intuizione e la coscienza.
Dal punto di vista psicologico la memoria è influenzata da elementi affettivi (come emozione e motivazione), oltre che da elementi riguardanti il tipo di informazione da ricordare. Questa funzione psichica si delinea dunque come un processo legato a molti fattori, sia cognitivi che emotivi, e come un processo eminentemente attivo (e quindi non, o almeno non solo, un processo automatico o incidentale).
La memoria si configura dunque come un percorso dinamico di ricostruzione e connessione di rappresentazioni, piuttosto che come un semplice “immagazzinamento” di dati in uno spazio mentale statico.
La memoria, perciò, attraverso un processo che coinvolge l’elaborazione, il ragionamento e la coscienza, conduce alla formazione della cultura di un individuo.
E poiché tanto maggiore è la capacità della cultura di radicarsi nella società tanto maggiore è il grado di civiltà che viene espressa, si comprende come la cultura della legalità, se ampiamente diffusa e radicata nella società, costituisce un fattore fondamentale per la civiltà della legalità.
Per questo ogni sforzo teso al rafforzamento della cultura della legalità, legata all’esercizio della memoria, si traduce in un rafforzamento della civiltà giuridica, quella dei diritti e dei doveri, che è il fondamento dello Stato di diritto.
Nel libro “Un giorno per la memoria” a cura di Anna Copertino (Edizioni Homo Scrivens, Napoli 2018) questi basilari concetti sul significato e sul valore della memoria sono ampiamente rappresentati attraverso le “storie” scritte da ventotto autori per ventotto vittime delle mafie. Sono le storie di vittime estranee a qualsiasi forma di connivenza con la criminalità organizzata.
Poiché le mafie non tollerano la memoria, perché demolitrice del consenso sociale di cui si alimentano tutte le forme di criminalità organizzata, si comprende come un libro di tal genere costituisca una formidabile arma per combattere l’ulteriore radicamento nella società di un “antistato” che sistematicamente piega le regole della civiltà giuridica per il conseguimento dei propri obiettivi.
È un libro dove le storie non sono solo un ricordo doloroso delle vittime ma anche e soprattutto una coraggiosa testimonianza di impegno sociale e culturale, capace di lenire il dolore dei loro familiari nella forte consapevolezza che della loro
“appartenenza” alla nostra esistenza quotidiana. Un giorno per la memoria diventa allora una vita per la memoria.
di Lucio Rufolo
This post was published on Feb 7, 2019 16:08
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