Eduardo Estatico, vittima della malasanità campana, merita di essere ricordato non solo per questo ma anche per le sue doti umane e per il suo modo di essere stato nonno
di Marina Topa
Eduardo Estatico, una delle tante vittime della malasanità, morì a febbraio 2019 nel pronto soccorso dell’ospedale San Paolo di Napoli dopo sei ore di attesa.
L’iter burocratico delle indagini legali per giungere alla verità dei fatti iniziò subito infatti la famiglia Estatico si affidò immediatamente all’avvocato Michele Tarasco per avanzare la sua unica richiesta: GIUSTIZIA.
In genere dopo morti si diventa tutti santi, specialmente se il trapasso avviene in circostanze particolarmente tragiche ma io, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente Eduardo Estatico, credo doveroso fargli giustizia ricordando il suo valore umano, quello autentico, quello che trapelava nei piccoli gesti quotidiani anche e specialmente nel suo ruolo di nonno.
Come fanno tanti nonni anche lui si era assunto l’impegno di accompagnare la nipotina a scuola tutte le mattine; i primi giorni l’aiutava a spogliarsi del soprabito e gioiva man mano che la sua autonomia e l’incoraggiava senza mai risparmiare un aiuto, una carezza, un complimento ed un sorriso anche per gli altri bambini . Ho avuto il piacere di conoscerlo in quanto insegnante proprio di quella nipotina che, nonostante la tenera età, ha saputo affrontare il profondo dolore della sua perdita, sicuramente grazie all’amorevole attenzione dei genitori, ma credo anche grazie all’esempio proprio di nonno Edo.
Gli insegnamenti migliori sono quelli che si danno con l’esempio ed è così che Don Eduardo ne ha elargiti tanti a chi ha avuto il piacere di conoscerlo. Ricordo che se arrivavano a scuola con qualche minuto di ritardo rispetto al loro solito orario chiedeva scusa e quando gli dicevo “non c’è problema siete comunque in tempo” rispondeva sorridendo e coinvolgendo la nipotina “meno male, ci sarebbe dispiaciuto”.
Ci fu un periodo in cui la figlia fu ricoverata in ospedale e quando la mattina noi insegnanti chiedevamo come stesse oltre alle notizie di aggiornamento diceva sempre “un po’ di pazienza, passerà” ed accarezzava la bambina. Quanta forza e quanto conforto le ha dato quel “passerà” detto dal nonno, era diventato la sua certezza, e lo dimostrò il giorno in cui una compagna notò che la vedeva triste e lei repentinamente rispose: “Non sono triste, sto solo aspettando quando mamma torna a casa!”
Se qualcuno faceva un complimento alla nipotina nonno Edo si mostrava orgoglioso ma subito diceva “I bambini sono tutti belli” e se ne vedeva qualcuno piangere trovava sempre la frase giusta per tranquillizzarlo.
Ricordo con tenerezza la sua calorosa stretta di mano prima di andare via. Per me quella stretta di mano era eloquente e la consideravo di buono auspicio, era come se mi ripetesse la considerazione che me lo rese subito simpatico: “Signora, quanto lavoro vi aspetta, forza e coraggio, però i bambini so’ bellilli assaje!”
La cosa che ho sempre ammirato in lui era l’essere presente nella vita della famiglia con l’autorità del pater familias ma sempre rispettando i ruoli, il suo di nonno, àncora di salvataggio per tutti, che però non prevaricava mai l’autorità dei genitori … mi piaceva tanto quando a qualche richiesta della nipote rispondeva “poi lo chiediamo a mamma” o “se papà dice di sì …” Purtroppo negli ultimi anni questo tipo di atteggiamento, per una serie di motivi che non è il caso di affrontare qui, è diventato più raro e noi maestre lo apprezzavamo tanto!
Durante una lezione sull’alimentazione la nipote parlò dell’orto del nonno ed allora gli chiedemmo se ci avesse potuto portare qualche foglia di diverse piante aromatiche per farle conoscere ai bambini: ne portò tantissime per tutti!
Il suo intervento fu un esempio di condivisione efficacissimo! Da quel giorno diventò Nonno Edo per tutta la classe e, felice di quel ruolo, ci invitò tutti in primavera a trascorrere una giornata nell’orto … ci avrebbe fatto da Cicerone e, ospitale come era di sicuro ci avrebbe permesso anche di seminare e zappare. Come sempre la primavera arrivò puntuale ma, purtroppo, ci trovò tutti impegnati a coltivare qualcosa di diverso dalle piantine: i ricordi del suo amore lasciati nel cuore della nipotina e di tutto il gruppo classe!
–Mariarosaria e Salvatore , a più di un anno di distanza dal terribile giorno della morte di vostro padre, avete appurato come si sono svolti i fatti?
Purtroppo non è stato ancora appurato come si sono svolti i fatti, la responsabilità di medici ed infermieri non è stata ancora dimostrata, ma c’è un’ indagine in corso ed abbiamo fiducia nella giustizia. L’attesa da parte di nostro padre è stata troppo lunga, i medici e gli infermieri non hanno compreso l’urgenza del caso. Noi tutti ci affidiamo ai medici nel momento del bisogno ed era per quel motivo che nostro padre era lì: per essere accolto e aiutato. Dev’essere fatta giustizia per nostro padre, per noi e per tutti coloro che con senso di responsabilità operano ogni giorno presso le strutture sanitarie italiane.
–Oggi, a distanza di più di un anno dalla sua tragica scomparsa, la rabbia ed il dolore si sono almeno parzialmente placati? E se sì quanto vi ha aiutato in questo il suo esempio?
Nostro padre era unico, lui era così buono che forse avrebbe perdonato, forse dal cielo l’ha fatto, ma noi no. La cosa peggiore è immaginare quanto abbia sofferto e vissuto con disperazione le sue ultime ore di vita. Attendiamo che venga fatta giustizia, sperando che questo aiuti a placare la rabbia ed il dolore, che restano immutati, come se fosse successo ieri. Ma resta soprattutto il suo amore e lo vediamo e lo sentiamo ogni giorno negli occhi e nei ricordi di quei nipoti che adorava e che avrebbe desiderato vedere crescere.