di Roberto Braibanti
C’è un sottile filo rosso, duro come un cavo di acciaio, sottile ma resistente, implacabile e spietato, che corre in Italia e che a volte , tendendosi qua e la’, ci soffoca.
Perché quando si cede sui diritti umani, quando si cede sull’etica ,intesa come rispetto dell’entità di uno stato e dei diritti fondamentali degli uomini, quando si cede sull’idea di Giustizia, succede quello che oggi succede sempre più spesso in Italia.
E così si passa da Prato, a Lampedusa.
E da lì alla Sardegna e poi,oggi, a Pescara.
E poi al disastro delle carceri italiane, ai 150 circa femminicidi, al disastro della scuola ed università italiana fino a un precariato selvaggio che uccide le nuove generazioni , mettendo le basi per molti dei problemi elencati.
Quel filo rosso ha, secondo me, un minimo comune multiplo ed un comune denominatore che li unisce e che si chiama: degrado umano. Che diventa incapacità di avere un etica, un senso dello Stato, un comune e invalicabile principio di giustizia.
Quello che ci consentirebbe di non accettare la schiavitù in cui vengono tenuti i cinesi di Prato o i raccoglitori di frutta stagionali di Rosarno o della Puglia.
Quello che ci obbligherebbe a perseguire con una inflessibile determinazione chiunque (italiano o straniero) riduce in schiavitù persone per profitto personale.
Quello che ci impedirebbe di depredare un territorio con abusivismo edilizio selvaggio, di rovinarlo con sversamenti di rifiuti di tutti i tipi in aria ,terra e acqua o di trattare l’ambiente di questo paese con un disprezzo e una superficiale ingordigia.
Quello che non ci consentirebbe di trattare i migranti, che scappano da miseria, guerre e regimi totalitari, come dei delinquenti mentre sono solo e unicamente persone, esattamente come saremmo noi al posto loro.
Quello che ci farebbe risolvere il problema del sovraffollamento disastroso delle carceri italiane non facendo amnistie ma affrontando il vero problema che ne è alla base: cioè, per esempio, con la depenalizzazione di molti reati come appunto quello di immigrazione clandestina o di dose minima giornaliera che rappresentano una quota maggioritaria della popolazione carceraria.
Quello che ci farebbe investire 2 punti di Pil sull’istruzione come la Germania, perché quello è futuro.
Quello che non consentirebbe l’abbrutimento delle condizioni del lavoro italiano, che toglie futuro e speranze, oserei dire i sogni alle generazioni di giovani. Costretti, per uno strano scherzo del destino a emigrare come i nostri nonni (e come i loro coetanei neri verso di noi) per cercare una possibilità di futuro.
Tutto si tiene insieme.
Tutto è collegato, consequenziale.
Se vogliamo uscirne, quel filo rosso dobbiamo avere il coraggio di tagliarlo.
E lo dobbiamo fare noi e non aspettare che lo facciano altri. E temo che lo dobbiamo fare subito, adesso. Domani sarà sempre più tardi.
8 dicembre 2013