Un Tutor per Amico

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BES e DSA.
Associazioni campane eccellenze del territorio.

Napoli è una città complessa e sicuramente “difficile”.
Indomabile, effervescente, incontenibile nell’euforia del suo popolo.
Spesso bistrattata, criticata, demolita fuori e dentro i confini; a volte noi napoletani siamo i principali detrattori, i più feroci,  agguerriti,  delusi.
Ed è anche per questo che mi sono gettata a capofitto nella storia di una Napoli bella, una Napoli fatta di giovani che lavorano per aiutare gli altri, cercando di dare potenza alla voce debole dei più deboli.
E’ proprio a Napoli che nasce, nel 2018,  l’associazione Un Tutor per Amico APS , con l’obiettivo di fornire assistenza educativa nel campo dei Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), Bisogni Educativi Speciali (BES) e problematiche del mondo dell’infanzia e giovanile legate alla sfera scolastica, sociale e familiare.

Romina Esposito e Roberta Ceccoli sono due socie fondatrici dell’associazione alle quali ho fatto alcune domande nella speranza di spalancare una finestra su questa iniziativa tutta nostrana.

Ciao Romina e ciao Roberta. Come e quando nasce Un Tutor per Amico?
La nostra Associazione è nata il 19 ottobre 2018
per cui abbiamo da poco spento le candeline dei due anni.
L’associazione nasce a seguito del progetto sociale “Un Tutor per Amico” finanziato nel 2016 dalla Fondazione Cannavaro- Ferrara, svolto nell’Istituto Foscolo Oberdan che prevedeva la formazione di Tutor specializzati dell’apprendimento DSA e BES e l’attivazione del tutoraggio extrascolastico e scolastico per gli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado. L’Associazione nasce quindi dall’incontro tra il Presidente dell’associazione Valentina Varriale e il comune intento dei tutor che si sono formati quell’anno.
Questo incontro ha permesso di creare una rete di supporto         ai ragazzi, alla scuola e ai genitori e quindi con grande entusiasmo abbiamo fondato l’associazione svolgendo progetti anche innovativi. Siamo stati i primi in Italia ad entrare ad esempio in orario curriculare in classe come Tutor in supporto al personale docente della Foscolo Oberdan e abbiamo riproposto il progetto anche in un Istituto Comprensivo di Roma Capitale.

Nello specifico, di cosa si occupa la Fondazione Cannavaro- Ferrara?
La Fondazione Cannavaro-Ferrara è impegnata in progetti sociali atti a contrastare le diverse forme di disagio infantile e giovanile della città e della provincia di Napoli in diversi ambiti di intervento; educazione, formazione al lavoro, sport, aggregazione, salute.

  La parola Tutor sta finalmente acquisendo il valore che le spetta in nome di un concetto educativo ad ampio spettro, che abbracci e coinvolga anche la sfera emotiva, psicologica e sociale.
Voi come spieghereste il ruolo del Tutor?
Il Tutor è un professionista specializzato che si occupa di trovare le strategie efficaci al superamento delle difficoltà  nell’apprendimento. É una figura di supporto che aiuta lo studente a comprendere quali strumenti siano più peculiari alle proprie capacità, a costruire un metodo di studio personalizzato in un percorso che porta all’autonomia nell’ambito scolastico, ma che potrà poi esplicitarsi negli ambiti della vita quotidiana.
Inoltre è la figura di collegamento tra la scuola, i genitori e lo studente.

 Come si diventa un Tutor ?
Potenzialmente tutti possono diventare Tutor, bisogna avere una buona dose di curiosità, tenacia e pazienza, perché il lavoro che svolgiamo è simile a quello investigativo: bisogna osservare lo studente, scoprire insieme a lui quali siano i punti di forza e quelli di debolezza e trovare insieme una soluzione sempre flessibile. Il tutor porta degli strumenti ma come verranno usati dipende dallo studente. Il tutoraggio è un rapporto di scambio in cui i due attori devono mettere il loro contributo.
Spesso “il tutor dà tanto quanto
impara dallo studente”. Ci vuole quindi molta dedizione e creatività e soprattutto una formazione specifica e continuo aggiornamento per poter capire e dare strumenti fruibili agli studenti.

Da chi è composta l’utenza dei vostri Tutor?
L’utenza è abbastanza variegata seguiamo bambini della scuola primaria e secondaria di primo grado, ragazzi del secondo ciclo dai 14 ai 18 anni e anche  studenti universitari.

 Con l’associazione collaborano molti ragazzi.
Potremmo dire che è un progetto che si occupa di giovani ma che investe anche sui giovani?
Sì! Siamo tutti giovani adulti, investiamo su di noi e sul nostro territorio  ma soprattutto sui futuri giovani e le generazioni, attraverso l’educazione tra pari e la dispeer education  –NdR: educazione non tra pari- che si è rivelata un valido strumento di apprendimento.

Per quello che riguarda la vostra esperienza, per l’attività che svolgete e per le situazioni nelle quali vi muovete, avete registrato un incremento, nel corso degli anni, di casi di alunni DSA e BES sul territorio?
Non sono gli alunni DSA o BES ad aumentare. Semplicemente ora vengono riconosciuti. Tutti quelli prima additati come alunni svogliati o poco dotati rientravano in questa fascia di alunni, che ci teniamo a sottolineare, non sono affatto meno dotati ma apprendono in modo differente e quindi hanno bisogno che l’insegnante trovi il modo giusto di insegnare. L’emergenza COVID-19 ha sicuramente determinato un incremento delle diagnosi di BES (disturbi d’ansia, dell’umore, disturbi comportamentali, ecc).

Parlateci un po’ del vostro team e della sede di lavoro.
 Siamo nove soci fondatori, poi ci sono i soci ordinari costituiti perlopiù da tutor e genitori.
La nostra Associazione al momento ha solo una sede legale. La peculiarità di Un Tutor per Amico è proprio quella di svolgere il tutoraggio a domicilio entrando nel contesto ambientale naturale dei bambini e dei ragazzi, nei loro spazi e nelle loro abitudini.


Dove svolgete le vostre riunioni e i meeting? La pandemia immagino abbia reso l’organizzazione un po’ più complicata.
 Attualmente le nostre riunioni sono online, prima del COVID-19 avevamo come luogo di incontro la casa del Presidente Valentina Varriale e alle volte nel periodo estivo presso un bar nel Centro Storico.

 

Romina e Roberta ci hanno parlato dell’associazione come di una grande famiglia della quale sono estremamente orgogliose, composta da un vero e proprio patrimonio generazionale; quello dei giovani.
Valeria Ippolito è uno di questi giovani inseriti come nuovi associati nel circuito del tutoraggio e delle iniziative di assistenza.
Studentessa napoletana, Valeria è venuta a conoscenza dell’associazione quasi per caso;
 Ho scoperto l’associazione tramite passaparola e da lì ho iniziato ad informarmi sulla loro organizzazione, sui loro obiettivi, sulla loro proposta, anche perché non ne avevo mai sentito parlare prima pur avendo già affrontato l’argomento sulle difficoltà di apprendimento anche in ambito universitario.

 Valeria, quali aspetti del lavoro profuso dall’associazione ti hanno colpito? Cosa, nello specifico, ti ha spinto a desiderare di collaborare al progetto?
Primo tra tutti l’idea di lavorare in team,  che è stata resa chiara sin dall’inizio del corso di formazione che ho potuto frequentare presso l’associazione e che subito si è concretizzata,  grazie alla possibilità di collaborazione, alla disponibilità nel supportarsi e confrontarsi a vicenda, aspetti che ho trovato davvero indispensabili per poter iniziare questo percorso, ma anche per portarlo avanti. Oltre a questo, mi hanno incuriosito l’attenzione al metodo di studio, ma anche a metodi alternativi,  e i diversi progetti pensati per coinvolgere ragazzi e bambini tramite qualsiasi mezzo possa catturare l’attenzione, affascinare e allo stesso tempo divertire; e ovviamente il ruolo di primo piano dato al ragazzo o bambino con cui “lavorare insieme” per trovare la strada giusta, superare quegli ostacoli che a volte possono sembrare insormontabili e rendersi autonomo nello studio.

Puoi parlarci un po’ di questo corso di formazione?
Ho frequentato il corso di formazione che si è svolto da aprile 2019 a giugno 2019.
L’impatto nel confrontarsi da subito a livello pratico con questo tipo di lavoro è stato molto forte e all’inizio mi ha spaventato anche un po’, però si è rivelato incredibilmente utile ed emozionante tanto da poter farti capire all’istante se ti trovi nel posto giusto. Il tutoraggio si svolgeva nel pomeriggio con gruppi di bambini delle classi medie ed elementari cercando di conoscerli un po’ tutti e supportandoli nello svolgimento dei compiti grazie anche a degli strumenti compensativi, illustrati durante la formazione teorica.

 Cosa si intende per “strumenti compensativi”?
Per strumenti compensativi si intendono mappe, schemi, tabelle ma anche dispositivi di lettura digitale e tanto altro che permettono al ragazzo di compensare appunto le difficoltà derivanti dal disturbo specifico e poter affrontare lo studio con tutte le risorse di base necessarie .

 Che tipo di feedback ricevi? Come capire quando il lavoro con un ragazzo sta dando i suoi frutti?Questa è la parte “migliore”. Spesso all’inizio puoi trovare diffidenza o anche una vera e propria opposizione al tuo ruolo, a volte però sei fortunato e può anche essere amore a prima vista. Per ora ho dovuto superare la diffidenza iniziale e cercare pian piano, a piccoli passi di “entrare nella loro vita” e nei loro pomeriggi, però quando vedi che loro iniziano a fidarsi e che vogliono programmare le loro giornate con te, perché questo permette loro ad esempio di trovare un argomento meno difficile di quanto sembrasse, una materia meno terribile rispetto a come era sempre stata, un’interrogazione meno spaventosa, allora puoi pensare che magari il lavoro sta dando i suoi frutti.

Torno a rivolgermi a Romina e Roberta per chiedere loro del rapporto con la città di Napoli
Che tipo di palcoscenico è Napoli per questo tipo di progetto?
Napoli è una città problematica come altre, nonostante i disturbi dell’apprendimento siano stati riconosciuti e tutelati dalla legge 170 da quasi un decennio, c’è ancora molto da fare per divulgare e formare il personale scolastico ed extrascolastico per far sì che siano garantiti a tutti gli studenti i mezzi per affrontare con successo il percorso scolastico e ridurre la dispersione scolastica favorendo una didattica inclusiva. Per questo siamo impegnati anche nella formazione del corpo docenti e di altri tutor e per la conoscenza dei DSA e dei Bisogni Educativi Speciali che costituiscono un mondo vasto. Per quanto Napoli sia ricordata per la sua problematicità, i suoi “figli” sono curiosi, allegri e creativi, bisogna solo dare loro gli strumenti adatti per crescere, perché non serve dare a tutti la stessa cosa ma dare ad ognuno ciò di cui ha bisogno. E noi cerchiamo di diffondere questo concetto di equità.

In media quante richieste ricevete all’anno? Qual è il modo più semplice per rivolgersi a voi?

Abbastanza! Ci sono due periodi in cui riceviamo più richieste: a ottobre poco dopo l’inizio della scuola e verso marzo al termine del primo semestre. Con alcuni ragazzi o bambini capita di lavorare per un periodo breve, con altri si instaura un
rapporto stabile nel percorso scolastico, vedendo crescere i bambini fino all’università e diventare poi tutor a loro volta.
Contattarci è facilissimo al sito
www.untutorperamico.it dove troverete i nostri contatti, la nostra storia e le nostre iniziative, info sui progetti e altro. Potete inoltre seguirci sulle pagine Instagram e Facebook “Un tutor per amico”, lì sono presenti anche i nostri numeri telefonici.

 

Napoli è una città complessa e sicuramente “difficile”. Indomabile, effervescente, incontenibile nell’euforia del suo popolo.
Spesso bistrattata, criticata, demolita fuori e dentro i confini; a volte noi napoletani siamo i principali detrattori, i più feroci,  agguerriti,  delusi.
Oltre le problematiche,  le criticità, il marcio e la macchina del fango e della melma troppo spesso alimentata e usata come arma di distruzione di una dignità della quale, strenuamente, ogni giorno, cerchiamo di rinsaldare i cardini,  Napoli è questo e tanto altro.  Allo stesso modo e in modo totalmente diverso da qualsiasi altra città.
Sono queste le storie che mi piace raccontare di Napoli, perché sono storie di persone.
E una città, prima che di un affaccio sul Vesuvio, di ragnatele di vicoli storici e caratteristici, della pizza, del mare, prima delle buche sull’asfalto e prima di babà e sfogliatelle, è fatta di persone.
E le persone che aiutano altre persone, che trasformano le fragilità in veri e propri punti di forza, che combattono perché il diverso non faccia paura, non scoraggi, non atterrisca, ma venga finalmente visto per quello che è; un modo non convenzionale di approcciarsi alla vita, una strada alternativa, un altro occhio sul mondo, queste persone sono proprio una bella storia di Napoli da raccontare.