La terribile notizia del clochard aggredito ieri notte da due persone mentre dormiva, quindi picchiato a morte, a Pomigliano d’Arco, lascia sconcertati e merita qualche considerazione.
Anzitutto purtroppo non è un episodio isolato, perché negli ultimi mesi in Campania si sono registrati vari casi di aggressione a mano armata a uomini e donne che vivono in strada, (per ultima l’aggressione a un giovane senegalese attualmente ricoverato all’Ospedale del Mare).
Peraltro Fredrick, la vittima, era un migrante conosciuto da tanti che gli davano qualche spicciolo per l’aiuto che dava nel trasporto delle spese all’uscita di un supermercato, e a volte gli portavano anche da mangiare.
La verità è che purtroppo sono tanti – secondo le stime di Sant’Egidio almeno 2000 quelli che vivono nelle strade – solo a Napoli. E non è questione di “decoro urbano” come ipocritamente e ignorantemente si dice; semmai è indecorosa una società che si definisce civile e invece permette che dei suoi cittadini vivano in condizioni degradate e disumane.
Bisogna sfatare anche il luogo comune secondo cui “se lo vogliono loro”, perché conoscendo le loro storie si scoprono drammi e ferite umane che determinano la condizione del vivere in strada: la perdita di un familiare, del lavoro, una malattia, un’improvvisa e importante difficoltà.
Infine chi vive per strada non è un pericolo per la società. Al contrario vivere per strada è pericoloso proprio per chi si trova in questa condizione.
Ma anche, la mancanza di sicurezza è pericolosa per tutti i membri della società che possono subirla in qualsiasi momento.
La risposta è sicuramente da chiedere alle istituzioni preposte nell’attuazione rapida di ricoveri a bassa soglia e/o soluzioni abitative stabili: chi vive per strada in realtà aspira a questo.
Ma credo si imponga una riflessione pacata ma urgente per ogni componente della comunità civile: nel 2023 possiamo ancora permetterci di leggere notizie come queste? Che società lasciamo alle giovani generazioni? Che cosa si può fare? Interrogativi semplici ma decisivi, perché come diceva Baumann ” il grado di civiltà di una società si misura dalla capacità di far spazio ai più deboli”.
Ovvero: una società o è civile o non è una società.
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