22 Gennaio 2013 – il Vor 70 Maserati di Giovanni Soldini, con altri otto membri dell’equipaggio, doppia il temuto promontorio dell’America del sud, Capo Horn, controvento e le correnti dominanti alle 15:37.
L’equipaggio partito da New York il 31 dicembre impegnato nel tentativo di battere il record della storica Rotta dell’Oro, ha passato il leggendario Capo Horn dopo 21 giorni, 23 ore e 14 minuti di navigazione.
Vele ridotte al minimo, mare impazzito, vento e onde contro, iceberg all’orizzonte. Capo Horn, “il Maligno”, non tradisce le aspettative e neanche Soldini, battendo il suo record personale e stabilendo un tempo da primato sulla tratta New York-San Francisco, se si pensa che il maxi-catamarano di 110 piedi Gitana 13, detentore del record assoluto, nel 2008 ha doppiato Capo Horn dopo 22 giorni, 7 ore e 25 minuti.
“Siamo felici”, le prime parole di Giovanni Soldini da bordo, raggiunto al telefono appena doppiato il Capo Horn. “Abbiamo fatto finora un tempo pazzesco. Fino a 10 miglia dal Capo siamo rimasti senza vento, poi un paio d’ore fa abbiamo fatto appena in tempo a togliere il J4 e a mettere il Code 0, a fare subito una mano e poi due, che sono arrivate raffiche di 20, 25 nodi. Ora navighiamo con raffiche di 35 nodi, come previsto. Ma il vento è ancora in aumento”.
Il record – Il record New York – San Francisco è monitorato dal World Sailing Speed Record Council (WSSRC), l’organismo internazionale che certifica i migliori tempi di percorrenza delle barche a vela sulle rotte storiche dei clipper. Due le categorie di barche: monoscafi e multiscafi. L’attuale record dei monoscafi è detenuto dal francese Yves Parlier che nel 1998 a bordo del 60 piedi Aquitaine Innovations ha impiegato 57 giorni, 3 ore, 2 minuti. Il record nella categoria dei multiscafi è stato stabilito nel 2008 da Lionel Lemonchois a bordo del maxi-catamarano di 110 piedi Gitana 13 (43 giorni, 3 minuti, 38 secondi, media di 13,5 nodi).
Il mito di CAPO HORN – Un tempo la chiamavano anche la rota de la muerte, era il tempo dei clipper. E’ in quegli anni che nasce il mito di capo Horn come cimitero dei marinai e chi invece sopravviveva all’impresa, ci teneva a farlo sapere, con un orecchino d’oro, più o meno, una medaglia che garantiva immediato rispetto in tutti i porti. Dunque prima del 1914, l’anno dell’inaugurazione del canale di Panama, doppiare il capo era l’unica via, un passaggio obbligato e un vero incubo, tenendo conto delle condizioni in cui si navigava all’epoca: carte nautiche approssimate, conoscenze idrogeologiche, oceanografiche e meteo limitate; il cielo quasi sempre coperto che impediva le osservazioni astronomiche e gli strumenti atti alla navigazione poco precisi.
Dall’apertura del canale di Panama oggi di Capo Horn sopravvive il mito, il ricordo degli equipaggi delle diecimila navi che secondo lo storico John Lyman lo avrebbero doppiato tra il 1850 e il 1920 e dei legni di quelle 800 che invece sono naufragate in quelle acque oggi custodi di quasi 10 mila anime.
FAS