Vesuvio: fusti di rifiuti Montedison scoperti tra i pomodorini DOP

Lo storico delle analisi effettuate non mettono in discussione la sanità dei pomodorini, ma le indagini rivelano verità, comunque, pericolose alle pendici del Vesuvio

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Come in tutte le cose non bisogna dare nulla per scontato e ciò che può apparire evidente sembra che alle pendici del Vesuvio, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, dei campi arati a pomodorini DOP del Piennolo, non è poi così reale. Grazie alla collaborazione tra il Corpo Forestale dello Stato, l’Arma dei Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico e la Procura della Repubblica di Napoli, in un fondo, nei pressi della Cava Montone in via Barcaiola a Ercolano, del Parco Nazionale del Vesuvio sono stati disseppelliti una serie di fusti industriali Montedison dalla capacità di 200 litri che raccoglievano oli esausti e bitume al di sotto di uno strato di terreno compreso tra 1,50 metri e 60 centimetri.

In base allo storico delle analisi dell’Istituto zooprofilattico di Portici e del Consorzio di Tutela del pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP commissionate dal produttore, il prodotto agroalimentare non risulta contaminato o pericoloso per la salute umana.  “Non è risultata la presenza di sostanze inquinanti o nocive per la salute umana né nel terreno di coltivazione, né nelle bacche di pomodoro“.

L’Arpac ripeterà le analisi e ricontrollerà la qualità delle coltivazioni.

Pur tenendo in considerazione le analisi precedenti, queste ultime verranno ripetute e falsificate dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpac) sulla base del campionamento delle piante di pomodoro, della terra e della parte superficiale dei fusti. Sia questo caso sia quello della discarica nella Cava di Ercolano, si è praticata la coltivazione dei pomodori su terreni che hanno ingoiato rifiuti petroliferi, amianto, materiali di risulta edile.
Secondo gli inquirenti si sospetta che l’intera area del Vesuviano interna al Parco nazionale sia costellata di questi siti di sversamento illegale di rifiuti . Tutti i rifiuti, compresi gli oltre 40 fusti di amianto, materiale edile, pellame, trovati due settimane fa fanno pensare a una fitta rete di discariche risalenti addirittura agli anni ’90.

Le dichiarazioni di Legambiente.

Secondo Legambiente questo non è altro che l’ennesimo “ritrovamento che inquieta e allarma, ma che non ci meraviglia (…). Sin dagli inizi degli anni ’90 l’ecomafia dei rifiuti ha regnato alle pendici del Vulcano dove, attraverso le cave, si realizzava il primo anello del circuito economico della rifiuti Spa“.
Ciò che rimane da chiedersi è perché la Guardia forestale non abbia vigilato sul Parco Nazionale del Vesuvio?