‘Alea Iacta Est’: queste devono essere state le parole del Direttore Generale della Agenzia delle Entrate Riscossione all’indomani della pronuncia della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022 che in un solo colpo ha cancellato migliaia di giudizi e messo in ginocchio i professionisti del settore.
A distanza di sei mesi, forte dell’appoggio della Presidenza dei Tribunali e favorita dall’atteggiamento remissivo della quasi totalità dei Giudici, l’Agenzia delle Entrate Riscossione è riuscita sino ad oggi a conseguire l’obbiettivo prefissato pur seppellendo i principi di diritto e giustizia.
Nonostante ciò, nell’arco di questi mesi è andato sempre più consolidandosi l’orientamento giurisprudenziale che in ogni caso legittima l’impugnazione degli estratti di ruolo laddove la cartella sia stata effettivamente notificata e successivamente sia intervenuta la prescrizione quinquennale stante l’assenza di valida notifica di atti interruttivi.
Ebbene in detto solco si sono inserite centinaia di pronunce da parte di impavidi Giudici di Pace ma in particolare sentenze solide e articolate di Magistrati togati.
A tal riguardo è doveroso annoverare le pronunce dei giudici della Corte di Appello di Roma, dei Tribunali di Tivoli e Torino ed in particolare del Tribunale di Brindisi che con la recentissima sentenza n.483 del 20 marzo scorso ha ricondotto nell’alveo della ammissibilità e legittimità l’impugnazione degli atti esattoriali da parte del contribuente non per la contestazione della notifica ma per la successiva prescrizione.
L’orientamento che ormai si è cristallizzato vieta assolutamente di dichiarare inammissibili tutte le domande e pone pertanto i Magistrati dinanzi alla necessità di verificare dapprima la notifica della primordiale cartella esattoriale ed in subordine l’eventuale decorso del termine prescrizionale senza alcun valido atto interruttivo.
Tutti i ‘restanti’ giudizi di impugnazione degli estratti di ruolo meritano una disamina oggettiva (e la loro necessaria sospensione dopo la rimessione alla Consulta) ed accoglimento laddove sussistano i requisiti individuati nelle pronunce susseguitesi nel tempo e recepite dalla medesima Suprema Corte nella ordinanza interlocutoria del 03 febbraio scorso.
Il problema purtroppo è l’atteggiamento dormiente degli ordini professionali ed in particolare dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati che in questi sei mesi non hanno adottato alcuna iniziativa a tutela della garanzia e giustizia dei processi, consentendo ingerenze dall’alto ed accettando sommessamente che tutti i procedimenti in corso venissero liquidati con pronunce ciclostilate di inammissibilità nonostante i processi andassero sospesi alla luce della sollevata questione di incostituzionalità.
Gli Avvocati a giusta ragione hanno invocato e continuano ad invocare un intervento o quanto meno una iniziativa che ponga fine a questa emorragia e sproni i Magistrati ad applicare la Giustizia, non quella imposta dalla politica ma quella trasmessa dai nostri padri costituenti.
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