Danielenrico è un “Millennial”, un giovane professionista che conosce benissimo l’uso dei social e ne sa sapientemente trarre ogni “beneficio”. Archeologo e storico animato da quella passione e dedizione così smisurate, da consentirti di lavorare ad uno scavo sotto il caldissimo sole d’estate, a Pompei, quando il barometro segna 35 gradi. Vi ho parlato già nel mio focus sulla settimana milanese della moda appena trascorsa, di quanto ami e rispetti profondamente i giovani d’oggi; Danielenrico, come tutte e tutti coloro di cui ho avuto la fortuna di potervi parlare, in questo ciclo di #terradarte, è l’esempio lampante di quanto essi siano coraggiosi, forti, carichi di energia positiva e di quanto sappiano concentrarsi sui propri obiettivi con abnegazione e fiducia, al contrario di chi – tra noi adulti – non riesce a lasciar(si) andare al futuro, riparando sul passato e su certe idee del presente che si perdono in tempi remoti. Ho chiesto a Danielenrico di parlarci degli Etruschi, sebbene avrei potuto fargli milioni di domande su altri popoli ed altri periodi storici, perché di questa gente porto con me un ricordo bello e profondo, di quando da ragazzina leggevo voracemente un libro di mio padre (“La civiltà etrusca”, di Werner Keller, ed 1971), finendo con lo stalkerizzare il mio prof. Di Storia dell’Arte del Liceo, Giovanni Borrelli, pur di saperne di più e parlarne ad ogni occasione.
Così “aperti”, gli Etruschi; così impietosamente moderni ed evoluti, da far rabbrividire persino il popolo greco.
Ci tenevo tantissimo, a presentarveli ed è grazie al Dott. Moschetti, che oggi, posso farlo qui in esclusiva per voi, su RoadTv Italia.
A Voi, questa intervista speciale.
Sei davanti al “pubblico” di RoadTv Italia… Cosa diresti di Te?
Ciao a tutti i lettori! Io sono Danielenrico Moschetti, classe ’97; sin da piccolo, ho sempre nutrito un’irrazionale attrazione verso il nostro passato e chi siamo stati prima di essere noi. Ho costruito tutto il mio percorso di studi finalizzandolo alla ricerca delle nostre radici e dunque all’Archeologia. Ho studiato al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Napoli diplomandomi nel 2016. Subito dopo mi sono iscritto al corso di studi in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, in cui ho poi seguito ancor di più la mia indole nello scavare a fondo nel passato dell’essere umano, interessandomi alla preistoria e alla protostoria. Seguendo la mia inclinazione, ho poi deciso di intraprendere il percorso dell’Etruscologia ed Antichità italiche, materia che ho seguito fino a laurearmi nel 2020 conseguendo la laurea triennale. Adesso invece sto seguendo il corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte. Ho preso e prendo parte a svariati scavi archeologici e registro un podcast, Archeologos, proprio sulla divulgazione archeologica diretta a tutti i non addetti ai lavori per far conoscere ancor di più l’archeologia.
Ci racconti del ruolo degli Etruschi, nelle origini del nostro Paese e delle loro tracce, oggi, nei musei e nei parchi archeologici della nostra penisola?
Diciamo che gli Etruschi hanno permeato da sempre il nostro Paese, in silenzio, dietro le quinte, ma dandogli la propulsione che lo ha poi reso grande. Prima di Roma l’Italia era una meravigliosa costellazione di stirpi diverse che, sotto vari nomi, andava a comporre un complesso tessuto di culture e genti. Tra questi diversi popoli spiccava senza dubbio il popolo etrusco, il più progredito e strutturato tra i vari popoli pre-romani. La stessa Roma dovrà tanto della sua grandezza ad alcune strutturazioni sociali prese in prestito dagli Etruschi, basti pensare che gli ultimi tre re di Roma, Tarquinio Prisco; Servio Tullio e Tarquino il Superbo, furono etruschi. Le tracce di questa grande intelaiatura etrusca sono evidenti all’occhio del buon osservatore, le più grandi città del presente, conservano tracce del passato e del passaggio degli etruschi. Questo discorso include anche musei e parchi archeologici: il MANN di Napoli possiede tutta una collezione di reperti etruschi in suolo campano, soprattutto inerenti all’entroterra, come la stupenda collezione Spinelli. Ma spostandoci, anche Milano ad esempio conserva nel suo museo archeologico reperti dei cosiddetti “Etruschi di frontiera” che si erano spinti sino all’attuale Lombardia. Inoltre non tutti sanno che nel famosissimo parco archeologico di Pompei, nella zona denominata “Fondo Iozzino”, sono stati trovati reperti, lasciati in dono votivo in un’area sacra, appartenenti alla cultura etrusca, datati all’VII/VI secolo a.C. Infine poi possiamo parlare anche dei reperti di importazione ritrovati in Sicilia che testimoniano i contatti commerciali a lungo raggio dalla zona dell’attuale Toscana sino all’isola più estrema dell’Italia. Come possiamo vedere la cultura etrusca si diffondeva su tutto lo stivale indistintamente.
E’ vero che erano presenti anche nella nostra Campania?
Gli Etruschi sono stati fondamentali in Campania. La Campania è stata culla di una propaggine della cultura e della popolazione etrusca, che si installò nella regione all’incirca attorno all’VII secolo a.C. (prima di tale data avremo comunque la cultura villanoviana, ovvero il nucleo culturale protoetrusco che darà vita poi al popolo etrusco). Questo non fu un caso di poco conto, bensì questo enclave fu tanto autonomo da dar vita al fenomeno che in letteratura viene chiamato “Etruria Campana”, proprio per far intendere l’autonomia di questo nucleo dall’Etruria propria, ovvero quella della Toscana. Questa presenza fu portatrice di benessere, sviluppo tecnologico e sociale, dando l’avvio al processo di evoluzione che farà trovare fertile terreno alla successiva evoluzione. Basti citare i principali centri della Campania: Sorrento, Nocera, Nola, Acerra, Pompei, Capua per conoscere comuni origini etrusche. Anche Napoli, nonostante fosse una colonia greca, aveva floridi contatti con il popolo etrusco. Insomma gli Etruschi, in collaborazione coi Greci, hanno fatto grande sin dall’antichità la nostra regione.
A leggere di Etruschi, mi vien da pensare quasi che i Greci siano stati sopravvalutati, nel corso della storia. Penso alla loro concezione dell’Arte, meno idealizzata e più rispondente alla realtà (e per questo denigrata, per un lungo tempo!) e penso – sopra tutto, rispetto alle tante riflessioni che mi spingerebbe il caso – alla condizione femminile
Più che sopravvalutati i Greci, la cui grandezza è innegabile, bisogna dire che sono stati sottovalutati gli Etruschi. Per decenni, di archeologia si è compiuto l’errore di attribuire lo sviluppo dell’Italia ai Greci arrivati per mare, ma non dimentichiamoci che i Greci si sono stabiliti solo in parte del sud Italia, nel territorio denominato Magna Grecia. Il resto della penisola era abitato e governato, dunque sviluppato, dalle popolazioni italiche che godevano di pari dignità socio-culturale rispetto ai Greci, i quali loro stessi intrattenevano relazioni e scambi con gli Etruschi, come le fonti ci raccontano. Nel santuario greco di Delfi, massimo centro religioso della Grecia, addirittura la città etrusca di Spina avrà un donario tutto suo privato, fu l’unica città non greca ad essere ammessa. Questo ci deve far capire come gli Etruschi fossero tenuti in considerazione dai Greci come loro pari. Per quanto riguarda poi il discorso di Arte meno idealizzata e più rispondente alla realtà, la risposta si cela tutta nell’attitudine alla vita del popolo etrusco, che la amava in ogni sua sfumatura, tanto da non richiedere particolari astrazioni per rappresentarla, bensì preferiva riprodurla in tutta la sua naturale bellezza. Infine, forse la massima espressione dell’avanguardia culturale etrusca la si coglie nel trattamento riservato alla donna, vista alla pari dell’uomo, in completa antitesi con il resto delle culture coeve. La donna in Etruria era parte attiva della società, partecipava alla vita comunitaria, come ad esempio ai banchetti ed era soprattutto perno del nucleo familiare, roccia e sostegno anche dell’uomo che mai se ne voleva separare. Toccanti sono le manifestazioni d’amore in ambito funerario, famosissimo è il sarcofago degli sposi, in cui il coperchio è una statua di terracotta raffigurante un marito e una moglie abbracciati su di un triclino in una tenera scena quotidiana, oppure commovente è il ritrovamento reiterato di rasoi maschili in sepolture femminili, facendo presupporre un dono di legame tra il simbolo chiave della componente maschile e quindi maritale con la sepoltura femminile delle mogli. E se questo è un popolo da sottovalutare io non so proprio che dire.
Itinerari archeologici campani non scontati, per arricchirci in queste prossime giornate di primavera
Purtroppo o per fortuna parlando di archeologia in Campania, tutto può sembrare scontato perché stupendo e dunque noto, mi vien difficile proporre mete sconosciute o innovative ma alcune chicche ci sono. Ad esempio consiglio di visitare il parco archeologico di Velia (attuale Ascea Marina) che un tempo era uno dei centri nevralgici della filosofia nel Mediterraneo, e che tuttora viene indagato anche da alcuni scavi proprio della Federico II. Poi consiglio vivamente di visitare il Rione Terra a Pozzuoli, ex nucleo centrale della cittadina greca di Dicearchia prima e della romana Puteoli poi. La Soprintendenza ha fatto un lavoro eccellente per la musealizzazione e fruizione dell’area per i visitatori e ci si cala proprio in un “quartiere” antico ripercorribile con i piedi, ma soprattutto con la fantasia. Inoltre in conclusione mi sento di dire che tutto diventa “non scontato” se lo si guarda con occhi diversi, soprattutto grazie agli innovativi e originali percorsi studiati dai miei colleghi e dalle mie colleghe in qualità di guide abilitate.
I consigli che ti senti di offrire a chi sta pensando di intraprendere il tuo corso di studi, per diventare Archeologa, od Archeologo
Il consiglio più grande che mi sento di dare è quello di non pensare all’archeologia come si vede in Indiana Jones, non ci sono tesori, trappole, labirinti ecc. è un lavoro scientifico che richiede tanta scientificità e dedizione. Poi inoltre bisogna avere tanta pazienza, è un percorso lungo e alle volte frustrante, ci si trova per giorni a dialogare con la terra, che a volte non restituisce niente, per poi stupirti all’improvviso. Ma soprattutto mi sento di dire che l’Archeologia è una vocazione, come la vita religiosa, chiede il 100% di noi, corpo e spirito, ma poi ti ringrazia in maniera commovente facendoti scoprire che hai già vissuto mille vite senza saperlo. Il viaggio nel tempo esiste già, si chiama Archeologia.
Un messaggio di Pace, in tempo di guerra
Io vivo di Storia, da sempre praticamente, e la Storia mi ha insegnato che la Guerra non ha portato mai a niente, lo diceva già Euripide, nel IV secolo a.C., nella sua tragedia “Le supplici” dove le madri piangono i figli caduti in guerra. La Guerra porta solo morte, distruzione e perdita, ma la Storia mi ha insegnato anche che invece la civiltà accelera con lo scambio culturale, sociale, economico e commerciale. La Storia ci insegna che solo dalla collaborazione dei popoli nascono grandi cose e dunque io non sono nessuno se non un servo della Storia e di lei mi fido ciecamente, a questo punto chiedo a tutti di fidarsi e di collaborare in pace tra i popoli per far progredire l’Umanità verso un futuro migliore.
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