Vincenzo De Lillo – La storia di questo giovane scrittore esordiente dimostra come la vita può svoltare, all’improvviso, aprendosi a strade mai immaginate. Durante i primi quarant’anni era un lettore assiduo che di tanto in tanto scriveva qualche racconto su fb , nulla di più. Poi purtroppo perde il lavoro ed aumenta il tempo libero, il tempo di pensare e di riflettere che, avendo famiglia, abbandonarsi alla depressione sarebbe un lusso che non può permettersi … e poi non sarebbe giusto neanche per se stesso perché significherebbe aggiungere dolore al dolore, significherebbe essere masochisti e Vincenzo, grazie a Dio, non lo è!
Come dichiara lui stesso – “Come un rubinetto aperto di getto, inizio a mettere nero su bianco decine di racconti” – sette di questi li ritroviamo nel suo primo libro, una raccolta di racconti divertenti dal titolo ” Wc Tales- brevi storie per una sana e corretta attività intestinale”.
La scrittura gli fa praticamente da terapia per riappropriarsi della sua naturale maniera di affrontare la vita … seguono tanti racconti ironici, pubblicati su varie antologie; alcuni vincono dei concorsi e lui, Vincenzo De Lillo, a maggio del 2020, vede pubblicato il suo romanzo d’esordio “Delirio”(edito dalla Biplane Edizioni), si guarda allo specchio e si vede scrittore … cosa che fino a qualche anno prima non avrebbe mai pensato! E l’esperienza continua, infatti, il 19 aprile 2021, cioè proprio il giorno del compleanno, viene pubblicato il suo ultimo lavoro: “Un cuore condiviso- cronache appassionate di una famiglia “, una raccolta di aneddoti di vita familiare nella quale si scopre cosa significa avere la “napoletaneità nelle vene”, una forma culturale condivisa da decenni (per non dire da sempre) che regola l’approccio alla quotidianità facendo trionfare un allegro istinto di sopravvivenza abbinato al senso pratico.
La scrittura si è introdotta impetuosamente nella tua vita nel 2016, in un momento un po’ triste perché avevi perso il lavoro. A distanza di alcuni anni, e tutte le esperienze che hai fatto con lei, la puoi considerare “il tuo toccasana”?
Sì, sicuramente. La scrittura mi ha aiutato a passare il tempo, a sfogare la rabbia che allora avevo con il mondo intero, a tenermi impegnato e lontano dalla depressione che di solito ti assale in questi casi…ma anche a tenermi lontano dal frigorifero, su cui certamente avrei riversato tutti i miei malanni, in mancanza di penna e calamaio. Scherzo, non sarei capace di usare penna e calamaio, farei dei casotti immensi. Già mi vedo con mia moglie che mi riprende imprecando perché ho inzozzato tutto con l’inchiostro di seppia. Word è più comodo.
– L’ironia è una delle caratteristiche più peculiari dei tuoi scritti. In che percentuale credi di averla innata nel sangue, e quanto per abitudini familiari?
L’ironia è un’arma. E come tale va affilata e tenuta pulita e sistemata. Io l’ho ereditata nel sangue dai miei genitori insieme al diabete e dai luoghi in cui ho vissuto, del resto Napoli è la patria di questa virtù. Non ho fatto altro che allenarla tenendola appunto pulita e sistemata, leggendo libri e guardando film e programmi tv di cui erano pregni.
– Alla luce delle esperienze vissute per pubblicare i tuoi racconti ed i tuoi romanzi quale iter consiglieresti di seguire ad uno scrittore esordiente?
Di guardarsi bene intorno, di farsi consigliare bene da qualche addetto ai lavori, magari un legale, e di non affrettare le cose cercando di arrivare subito a numeri da Big. Se lo scritto è buono, avrà il successo che merita…ma soprattutto, di evitare come la peste le pubblicazioni a pagamento. Scusate, come si dice, “aggia sfugà ‘ncopp a stu fatto”. Meglio una pubblicazione in self curata bene, che una pseudo casa editrice che per pubblicare il tuo libro chiede soldi, contributi di ogni sorta, un rene o acquisti obbligatori di copie. Le case editrici serie, professionali, e ricche di gente che sa lavorare, sono tante, basta cercarle. Nun ve’ avvilite!
Vincenzo De Lillo “Un cuore condiviso”
– In “Un cuore condiviso” traspare tutto l’amore che provi per i tuoi figli. Qual è l’obiettivo principale che consigli loro di perseguire nella vita?
Banalmente direi di perseguire i loro sogni con tutta la forza possibile, di non essere arrendevoli come il papà, di lottare sempre per i loro diritti e di non mangiare assai, perché sono De Lillo e hanno nel DNA il metabolismo di un orso polare. Cagionevole di salute, tra l’altro. Ah! Pure di studiare più di quell’ignorante del padre.
Ma poi i “guaglioni” fanno quello che vogliono, io più di dirglielo, che posso fa?
– “Un cuore condiviso” è uno squarcio della storia dagli ultimi decenni del secolo scorso ai giorni nostri nella cara Napoli in cui parlando della tua famiglia permetti ai lettori di ricordare, se non di conoscere, eventi storici che si intrecciano con valori culturali, tradizioni, credenze, … li racconti con leggerezza ed ironia per cui è una lettura piacevole e leggera ma che al tempo stesso fa anche riflettere sulla scelta di aderire ad una filosofia di vita “resiliente”, o sbaglio?
La resilienza è una delle qualità che più ammiro nella gente. Essa fa in modo che molti riescano a farsi rimbalzare addosso problemi e difficoltà come se fossero di gomma, come quelle pizzette fatte ‘na schifezza e che propinano in alcuni bar a ignari turisti.
Quello che ho raccontato, soprattutto quando scrivo dei miei avi e dei miei genitori, che pur avendone passate tante, sono riusciti ad uscirne quasi indenni, certamente porta a valorizzare questa virtù.
Tutti vorremmo essere resilienti, duri e forti, non so se però si può scegliere di esserlo. Probabilmente in alcuni casi è la vita che ti obbliga a diventarlo.