Il 24 gennaio 2005 i sicari del clan Di Lauro entrarono nel negozio di telefonia in cui Attilio Romanò lavorava e gli esplosero contro cinque colpi di pistola, credendo fosse il nipote del boss scissionista Rosario Pariante.
Il 24 gennaio 2005, Attilio Romanò veniva ucciso dalla camorra. Vittima della guerra combattuta a Secondigliano tra il clan Di Lauro e gli “scissionisti”. I sicari della cosca nata sotto l’ala di “Ciruzzo ‘o milionario” entrarono in un negozio di telefonini dove Attilio lavorava e gli esplosero contro cinque colpi di pistola, credendo fosse Salvatore Luise, nipote del boss scissionista Rosario Pariante, cogestore dell’attività, dove, invece, la vittima innocente era solo dipendente.
Proprio nei giorni scorsi, il boss Marco Di Lauro è stato assolto dall’accusa di essere il mandante della missione di morte. Il quarto figlio di Paolo Di Lauro venne condannato all’ergastolo in primo e secondo grado, per la morte di Romanò. La Cassazione, a cui fecero ricorso i suoi legali, si pronunciò contro la sentenza di secondo grado e rinviò il giudizio davanti a un’altra sezione della Corte di Appello partenopea la quale, però, confermò nuovamente la condanna all’ergastolo.
Contro questa decisione fecero istanza di appello, nuovamente, i legali di Di Lauro, e la Suprema Corte si pronunciò nuovamente con rinvio: oggi, al termine di un processo secondo grado, il terzo, iniziato nel primi mesi del 2021, Marco Di Lauro è stato definitivamente assolto.