Vivisezione: il gioco delle parti

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di Luisa Marino

Solo l’uomo ragiona e parla mentre gli animali anche quando parlano in modo simile al nostro interloquire, come ad esempio i pappagalli, non fanno che ripetere dei suoni che sentono, non elaborano razionalmente dei discorsi. L’incapacità di parlare degli animali non dipende dal fatto che essi non abbiano gli organi appositi per farlo, come ad esempio le corde vocali, ma dalla loro incapacità di ragionare(..). Gli animali quindi sono privi di ragione e di coscienza e non provano dolore; anche quando sembrano manifestare sofferenza, in realtà reagiscono meccanicamente ad una stimolazione materiale come quando toccando una molla dell’orologio le sue lancette si muovono”.

Se Cartesio fosse nato oggi, chissà se avrebbe ancora il coraggio di esclamare quanto appena riportato.

La Vivisezione, le cui basi teoriche sembrano proprio esser state gettate dal filosofo-matematico, è un metodo di studio e di ricerca consistente in operazioni di dissezione effettuate su animali vivi.

Ogni giorno, più di 3000 animali muoiono per le ricerche scientifiche, fra sofferenze atroci e lente agonie. Certo, non tutti gli esperimenti conducono alla morte certa, ed alla dissezione dal vivo, ma tutti sono cruenti ed invasivi. E, per quanto questo possa non piacere a tutti, sono del tutto inutili.

Ogni specie animale, infatti, si differenzia per struttura fisica e biochimica, perciò non esiste una specie che possa esser considerata modello sperimentale per un’altra. Ma, dato ancor più significativo è che, non solo gli animali sono diversi fra loro, ma non sono uguali a noi.  E questo spiega anche il perché molte delle malattie umane non sono trasmissibili agli animali, e viceversa.

Mai il sacrificio di un animale da laboratorio ha salvato una vita umana. Anzi, molti farmaci, provati sugli animali, presentano gravissimi effetti collaterali una volta somministrati agli uomini. Questo potrebbe chiarire il motivo per il quale, ogni anno, in Italia, vengono immessi sul mercato centinaia di farmaci la cui gran parte, però, viene ritirata dopo poco per la manifestazione di sintomi gravi al corpo umano.

Già questo dovrebbe portare a capire come la vivisezione o , come gli scienziati più dolcemente la chiamano, “sperimentazione animale” è inservibile.

Ma allora, chi ci guadagna in questo gioco delle parti? La risposta è semplice e, forse, ovvia. Nella maggior parte dei casi, animali e strumenti da tortura, sono pagati dal denaro dei contribuenti che i governi danno agli istituti di ricerca ed ai laboratori universitari a titolo di finanziamento. Insomma, gli animali producono guadagno per i ricercatori, i quali devono garantirsi il posto di lavoro ed  il prestigio derivante dagli articoli scientifici che pubblicano; per gli scienziati, i quali preferiscono la rapidità della vivisezione alla ricerca clinica; per i medici, che difficilmente guardano all’innovazione del progresso, quanto al progresso delle proprie tasche; per le industrie farmaceutiche, che devono proporre medicinali sempre più svariati che alleviano piccoli dolori, per procurarne di altri maggiori.

Dire “no” alla vivisezione, non è solo un gesto di rispetto nei confronti degli animali che nulla sanno di quanto sta loro per accadere, e che, nel caso di un cane, ti scodinzola anche mentre qualche strana sostanza sta scorrendo nelle sue vene, ma è anche un modo per dichiarare una nuova consapevolezza. Per smascherare questi falsi miti. Per alzare la testa e “ragionare”. Del resto, non è questo il maggior “vanto” che Cartesio ci ha attribuito?